16 Ottobre 2015

storie di adozione a distanza: Susheela

Per una donna, per una madre, forse non c’è incubo peggiore. Impensabile nei Paesi occidentali. Normale se sei nata a Nuova Delhi, in India. E sei una donna come Susheela.

Susheela aveva 31 anni. Era incinta per la seconda volta. E pensava che sarebbe stato uno dei momenti più belli della sua vita. Invece, quando ha scoperto che anche il suo secondogenito sarebbe stato una bambina, è cominciato l’incubo.

“Quando sono rimasta incinta per la seconda volta, al terzo mese ho fatto un’ecografia per verificare la salute del bambino” racconta Susheela. “Durante la visita il medico mi ha comunicato che era una femmina. Mia suocera ha deciso che dovevo abortire”.

Solo perché la creatura che aveva in grembo era una bambina.

La famiglia del marito l’ha costretta ad andare in clinica. Appena arrivata, Susheela ha chiesto di andare in bagno. E lì ha sentito, per la prima volta, la bambina muoversi. Susheela ha provato rabbia contro sé stessa per aver ceduto alla richiesta della famiglia del marito. Si è barricata in bagno. Non sapeva cosa fare. Ma non voleva abortire. Per nessuna ragione.

“Mentre i parenti cercavano di entrare in bagno, io ero lì da sola, a piangere e pregare. Mia suocera urlava dalla porta che dovevo farlo. Ma una delle infermiere mi ha aiutata a chiamare mia madre che mi ha portata via”.

Susheela ha partorito in casa della sorella. Quando hanno chiamato la suocera per darle la bella notizia, questa ha attaccata il telefono senza rispondere. Ma adesso Susheela voleva sapere fino a che punto potesse spingersi la famiglia del marito.

Ha chiamato il marito dicendogli di aver partorito un maschio. L’uomo è corso subito a fare visita alla moglie. Quando ha visto che era nata una bambina, a urlato contro di lei e se n’è andato via sbattendo la porta. Susheela non l’ha più rivisto.

Nel mondo ci sono centinaia di donne che, ogni giorno, sono costrette ad abortire, a rinunciare alla vita che portano in grembo. Costrette dalla loro famiglia e dagli antichi retaggi culturali del loro Paese di origine. Noi ci battiamo perché tutto questo finisca. Perché ogni donna abbia il diritto di dare alla luce la vita che porta in grembo.

Possiamo farcela. Ma abbiamo bisogno del tuo aiuto. Un aiuto che potrai dare adottando un bambino indiano a distanza.