Sembra sia trascorsa un’eternità. Eppure il terremoto in Nepal è stato circa due mesi fa, per l’esattezza il 25 aprile. Una tragedia che non è ancora finita. Un disastro che ha lasciato dietro di sé orfani, macerie, vite spezzate destinate a restare tali. Proprio come Sujeeta. Questa è la sua storia.
Nove mesi
Il villaggio di Kiul è stato uno dei più colpiti dal terremoto dello scorso 25 aprile. Le vittime sono state centinaia. Sujeeta Bhandari, appena 22 anni, poteva essere una di esse. Anzi, il numero delle vittime poteva essere più alto di due unità. Perché, quando si è scatenato il terremoto, Sujeeta era incinta di nove mesi.
Il primo terremoto
Quando il primo terremoto ha colpito, Sujeeta si trovava a casa di sua madre nel vicino villaggio di Melamchi. “Non riesco a descrivere quanto ero terrorizzata quando ho sentito il terremoto”. Sono le sue parole. “Ricordo ancora con terrore il frastuono prodotto dalla terra che tremava e dagli edifici che crollavano. Poi uno scoppio assordante ha coperto ogni altro suono. Un’esplosione di gas aveva completamente disintegrato due case”.
Sujeeta ha partorito a casa di sua madre tre giorni dopo il terremoto. Per dieci giorni lei e la madre non si sono mosse da lì. Poi Sujeeta è tornata a Kiul. Per trovare la sua casa ridotta a un cumulo di macerie. Per scoprire che suo suocero aveva perso la vita nel crollo.
Il secondo terremoto
Sujeeta e i sopravvissuti della sua famiglia si sono “sistemati” in un rifugio di fortuna costruito con lamiere. Un posto troppo caldo e sporco. Poi c’è stato il secondo terremoto.
“Nel giorno del secondo terremoto” continua a raccontare Sujeeta, “tutti gli abitanti del villaggio erano riuniti con ActionAid in uno spazio aperto, per progettare la costruzione di rifugi temporanei, più sicuri e puliti. Ho stretto al petto mia figlia, avevamo molta paura, ma all’aperto eravamo tutti al sicuro”.
“Ho potuto allattare la mia bambina”
“Grazie al lavoro di ActionAid e delle organizzazioni partner, subito dopo le scosse abbiamo ricevuto scorte di cibo, medicinali e acqua potabile. Grazie a questi aiuti, posso nutrirmi in modo adeguato e allattare la mia bambina”.
Quante altre donne come Sujeeta non hanno potuto avere l’aiuto di cui avevano bisogno? Quante storie hanno avuto invece un esito tragico?
Ci sono tante altre donne che in Nepal, proprio in questo preciso momento, hanno bisogno di aiuto. Del tuo aiuto. Perché anche tu puoi dare il tuo contributo. Come? Semplice: puoi adottare a distanza un bambino del Nepal.