Photo credits: Paolo Chiovino
Jamal, agricoltore palestinese di 62 anni, si sveglia ogni mattina alle 5:30. Ripete sempre gli stessi gesti: si alza, prega, fa colazione. Poi, esce per raggiungere il suo campo.
Appena uscito di casa, di fronte a lui si staglia il villaggio di Beit Zakariya, un piccolo centro abitato che non è quasi segnalato sulle cartine. S’incammina lungo una strada che conosce bene, visto che la percorre da anni. Una strada costellata da posti di blocco stradali militari israeliani. E questo complica le cose.
Il villaggio di Beit Zakariya è completamente circondato dagli insediamenti israeliani illegali.
Jamal non demorde. “Se non coltivo ogni giorno la mia terra” spiega, “i soldati me la portano immediatamente via”. Così, se non viene fermato a un posto di blocco, raggiunge il suo campo, dove da anni coltiva viti e prugne. Comincia subito a lavorare.
A pranzo, la moglie lo raggiunge per mangiare qualcosa insieme. Poi, di sera, torna a casa. Una casa dove, per riscaldarsi, Jamal e sua moglie possono utilizzare soltanto una vecchia stufa. In inverno, fa davvero freddo.
E non possono fare niente per migliorare questa situazione. Perché gli abitanti di Beit Zakariya hanno il divieto assoluto di costruire o ricostruire le loro case. Se lo fanno, arrivano i militari e gliele buttano giù. Così, Jamal e sua moglie continuano a vivere da soli, in quanto i loro otto figli non hanno avuto il permesso di costruire una casa e se ne sono dovuti andare.
ActionAid si batte contro le discriminazioni e gli abusi ai danni del popolo palestinese. Con l’adozione a distanza, anche tu puoi dare il tuo contributo.