Possono essere considerati come due aspetti di uno stesso problema. Due aspetti strettamente collegati tra di loro. Sarah, che vive in Tanzania e da anni si batte contro di essi, li conosce fin troppo bene.
I due aspetti sono le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci.
- Mutilazioni genitali femminili. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, sono circa duecento milioni le ragazze che, al giorno d’oggi, sono costrette a vivere subendo le conseguenze (dolori, cistiti, ritenzione urinaria, infezioni vaginali, senza considerare le conseguenze psicologiche) delle FGM. Ma il dato più preoccupante è che, ogni anno, circa tre milioni di bambine sono a rischio.
- Matrimoni precoci. Le FGM sono una pratica che servirebbe a “preservare la purezza della donna” in vista del matrimonio. Questo significa che, dopo il taglio, il destino che aspetta la giovane ragazza, nella stragrande maggioranza dei casi, è un matrimonio precoce. In seguito al quale le giovani ragazze smettono completamente di andare a scuola.
Sarah, nella sua lotta contro le mutilazioni genitali femminili, lavora a stretto contatto con tagliatrici ed ex tagliatrici.
“Molte sono emotivamente coinvolte perché hanno ereditato il lavoro dai propri genitori. Spesso rispondono che è Dio che gli ha dato questo potere/compito”.
Sarah ha capito qual è il punto cruciale del problema: le FGM sono un fatto culturale, in quanto le comunità dove vengono praticate le considerano accettabili. Quindi, combatterle significa intervenire a livello culturale. E c’è una sua diretta esperienza che lo può dimostrare.
“Ricordo che c’era quest’anziana tagliatrice che, durante un incontro dove le abbiamo mostrato un video sulle FGM, ha pianto. Alla fine della sessione le ho chiesto: Perché piangi vedendo il video, se hai fatto questo su migliaia di ragazze? E lei mi ha detto che mentre ‘operava’ era come posseduta e non percepiva la crudeltà del suo atto. Al contrario, guardando il video ha capito che quello che stava facendo era sbagliato. È stato molto toccante per me vederla prendere la decisione di smettere”.
Anche se la soluzione c’à, il lavoro da fare è davvero tanto. Ad esempio, Sarah sa di famiglie che vivono all’estero e che tornano in Tanzania appositamente per sottoporre una figlia alle mutilazioni genitali femminili.
Occorrono, quindi, campagne di sensibilizzazioni e progetti come quelli che Sarah mette in atto. E per darle una mano, si può scegliere l’adozione a distanza.