Sembra, ormai, qualcosa di appartenente a un lontano passato. Nonostante in molte zone dell’Africa occidentale l’incubo dell’Ebola si sia concluso a fine maggio del 2016, da fare c’è ancora tanto. Ma ci sono persone come Samia, che vive in un piccolo villaggio della Sierra Leone, che non hanno voluto arrendersi.
L’epidemia
L’epidemia di Ebola è cominciata nel dicembre 2013 in Guinea, si è propagata in Liberia e Sierra Leone, ed è durata, circa, fino alla fine del maggio del 2016. Si tratta di una delle peggiori epidemie che ha colpito questa parte dell’Africa e, probabilmente, tra le peggiori nella storia dell’umanità. Le vittime sono state 11mila. Le persone contagiate, invece, 28.637.
Le conseguenze
Come se i decessi non fossero già un problema grave, le conseguenze dell’Ebola sono state anche altre. Molti dei sopravvissuti hanno tuttora bisogno di cure. Gli orfani causati dalla malattia sono stati circa 22mila, bambini che si sono ritrovati, all’improvviso, soli.
Inoltre, gli anni dell’epidemia hanno inferto un duro colpo anche alle attività economiche locali, che hanno stentato a riprendersi, e questo ha causato altra povertà e altra fame.
Samia
Le parole di Samia sono una conferma di tutto ciò:
“Dopo l’epidemia di Ebola è stata dura ricominciare”.
Come già detto, Samia non ha voluto arrendersi. Si è unita ad altre madri per aiutarsi vicendevolmente a coltivare la terra. Aveva solo bisogno di una mano. E quella mano è stata tesa grazie all’adozione a distanza.
“ActionAid ci ha fornito il necessario e formato sulle tecniche di coltivazione più recenti. La produzione sta andando bene, abbiamo il necessario per le nostre famiglie e vendiamo una parte della produzione al mercato. Finalmente ho i soldi necessari per mandare i miei figli a scuola”.
Non resta che augurarle in bocca al lupo.