30 Marzo 2018

storie di adozione a distanza: Rahel

Rahel racconta così il giorno in cui è stata introdotta a questa pratica. Diventando una cutter, una tagliatrice. Una donna che pratica le mutilazioni genitali femminili:

“Era una tradizione della mia famiglia, mia madre mi ha dato lo strumento e lo ha poggiato sulla mia testa e ha detto che dovevo tenerlo per sette giorni”.

In queste parole è racchiuso il perché delle mutilazioni genitali femminili. Si tratta, quindi, di un problema prettamente culturale. Ci sono comunità dove tali pratiche, infatti, sono considerate culturalmente accettate e praticate delle stesse donne. Sembra che le FGM servano a preservare la purezza della donna in vista del matrimonio.

Un problema molto più grave e diffuso di quanto si possa pensare, nonostante l’evidente difficoltà di poter reperire dei dati. Comunque, più di duecento milioni di ragazze hanno subito le FGM nei Paesi dove sono ancora praticate. E ci sono tre milioni di bambine che rischiano, ogni anno, di subirle (dati: Who).

Uno dei Paesi è la Tanzania. È qui che vive Rahel. La quale, dopo essere entrata in contatto con un’associazione partner di ActionAid in Tanzania, ha scoperto quanto gravi sono le conseguenze delle FGM per le donne e ha deciso di impegnarsi in prima persona per poterle debellare.

“Vorrei dire a tutte le comunità che praticano le mutilazioni genitali femminili di smettere, hanno molte implicazioni negative”.

Nessuno, quindi, meglio di un’ex tagliatrice può capire quali sono le difficoltà nell’estirpare le mutilazioni genitali femminili.

“C’è molto lavoro da fare, specialmente con i genitori che sono quelli che portano le figlie dalle tagliatrici: vanno informati e fatti riflettere sugli impatti negativi di queste pratiche, spesso sconosciuti dalla maggior parte della popolazione”.

E poi, ci sono le gravissime conseguenze per la salute:

“Un altro problema è che in una regione centrale della Tanzania c’è un’infezione che le bambine prendono facilmente e che molti credono di poter curare proprio mutilandole. […] Le bambine che prendono questa infezione non vanno portate dalla tagliatrice, ma da un medico”.

Avendo rinunciato al suo ruolo di tagliatrice, Rahel ha perso il rispetto della sua comunità. Ma questo non ha fatto minimamente vacillare la sua decisione di combattere le FGM. Un obiettivo che condividiamo anche noi di ActionAid. Da anni lavoriamo con le comunità dove questa pratica è accettata. Tramite incontri, percorsi di empowerment e campagne di sensibilizzazione, le cose stanno cambiando. E possiamo fare tutto questo grazie all’adozione a distanza.