La donna sulla destra si chiama Habiba. Ha cinquant’anni. In questa foto, la puoi vedere alla fine del suo viaggio. Un viaggio che non è stato per niente breve. E per niente facile. Nonostante questo, ha dovuto affrontarlo, non solo per il suo bene ma anche per quello di tutta la sua famiglia. Ma procediamo con ordine.
In questi giorni, l’Africa orientale sta affrontando una grave emergenza: la siccità, una delle peggiori che si siano mai viste in questa parte del continente africano. La siccità distrugge interi raccolti, uccide greggi e mandrie, porta le scorte alimentari al rapido esaurimento.
E, in particolare, riduce drasticamente la disponibilità di acqua potabile. Tanto che le donne (è un compito che ricade sempre su di loro) sono costrette a camminare per ore e ore prima di raggiungere la più vicina fonte d’acqua potabile.
Il caso di Habiba, e qui torniamo alla sua storia, è estremo. Perché lei vive in Etiopia. Ha dovuto camminare per 25 giorni consecutivi prima di arrivare a Ceelbaxay, in Somaliland. Ceelbaxay è uno dei pochissimi punti della zona dove è possibile trovare acqua potabile.
Venticinque giorni di cammino. Quando, invece, basterebbe fare una cosa semplicissima: costruire pozzi d’acqua nelle vicinanze dei villaggi più isolati. Semplicissimo, certo. Ma non se si vive in uno dei Paesi più poveri del mondo.
Immagine: Ashley Hamer/ActionAid