Da Damasco, in Siria, a Baalbeck, in Libano, sono chilometri e chilometri. Quasi tutti da percorrere in mezzo a lande inospitali. Un duro viaggio che Bushra ha affrontato insieme alla madre. Ma la loro storia comincia molto prima.
Entrambe sono siriane.
- Negli ultimi cinque anni, undici milioni di siriani, la metà della popolazione totale, sono stati uccisi o costretti a fuggire.
- Più di quattro milioni e mezzo di siriani hanno cercato rifugio nei territori vicini: Turchia, Giordania e Libano. Questi Paesi non avevano i mezzi per gestire un flusso migratorio tanto ingente.
E così, nel gennaio 2015, il Libano ha deciso di introdurre un nuovo, severo e rigoroso processo burocratico per ottenere il visto d’ingresso. Come conseguenza, i nuovi rifugiati non sono riusciti a entrare regolarmente.
Bushra e sua madre avevano due opzioni: richiedere un visto di lavoro che, in pratica, avrebbe messo le loro vite nelle mani di un ‘garante’, o richiedere un visto da turista. Hanno scelto la seconda opzione. Ma non è stato comunque semplice perché, arrivate alla frontiera, le guardie non hanno riconosciuto il permesso come valido.
Per giorni e giorni, le due donne hanno aspettato alla frontiera. A ogni cambio della guardia chiedevano di entrare. Ma non c’era niente da fare. Finché un giorno ebbero la fortuna di trovare delle persone comprensive che le fecero entrare in Libano.
Bushra e sua madre vivono ancora in Libano ma non hanno uno status giuridico. Non possono permettersi di pagare per avere la residenza. Niente residenza significa nessun diritto di accedere ad alcuni servizi fondamentali, tra cui l’assistenza sanitaria.
A questo si aggiunge un altro problema. Bushra ora vive con sette membri della sua famiglia, ha alcune conoscenze di elettronica e si occupa degli impianti elettrici e informatici della sua casa e di quelle dei vicini. Vorrebbe lavorare, così da guadagnare, aiutare la famiglia e continuare con gli studi. In Libano non è possibile, perché le leggi sul lavoro femminile le impediscono di avviare una propria attività.
Bushra avrebbe potuto essere una delle tante ragazze costrette a sposarsi precocemente o a prostituirsi. Invece ha incontrato un gruppo che l’ha accolta, la sostiene e l’ha coinvolta in numerose attività, come il teatro.
Quando abbiamo iniziato le lezioni di teatro, ho vinto la mia timidezza. Di solito i rifugiati sono visti come emarginati e deboli. Ho deciso di essere il contrario. Dal primo giorno ho cercato di lavorare sulla mia autostima e sulle mie capacità per risolvere i problemi e, attraverso i Centri di ActionAid, sono riuscita a cambiare. Ora sono una persona diversa, sono più sicura. Il Centro è diventato la mia seconda casa!