Beatrice è la ragazzina in primo piano. In questa foto, la puoi vedere mentre sorride contenta, serena, circondata dalla sua famiglia. Ma non è sempre stato così. La sua vita, per lungo tempo, è stata molto diversa da quanto la foto possa raccontare. Come lei stessa ci dice:
“Prima i miei litigavano violentemente e la cosa mi spaventava”.
La cosa la spaventava e ne aveva ogni ragione. La violenza sulle donne nel mondo è un problema sempre più grave: circa una donna su tre dichiara di aver subito violenza almeno una volta nella vita. Le mura domestiche sono la scena dove, la maggior parte delle volte, si consuma la violenza. E in circa un caso su tre di omicidi di donne, il colpevole è il partner.
Tutto questo in un Paese, l’Uganda, dove essere donna non è per niente facile:
- I matrimoni precoci, per quanto vietati dalla costituzione, sono ancora praticati;
- La legge che vieta gli stupri non ha praticamente effetto, visto che la maggior parte delle violenze sessuali, fin troppo comuni, non viene riportata;
- Molte prove dimostrano come in Uganda ci siano ancora numerosi casi di donne “scomparse” a causa dell’AIDS.
(Dati: Genderindex.org)
Nella famiglia di Beatrice, come in molte altre famiglie dell’Uganda, era il padre a prendere tutte le decisioni, a comandare, abituato sempre a essere obbedito. Le donne dovevano solo eseguire. Non erano rari nemmeno gli episodi di violenza. Che spaventavano sempre Beatrice.
Per fortuna:
“Finalmente ora siamo una famiglia felice” racconta Beatrice.
Com’è stato possibile realizzare questo cambiamento? È semplice: grazie al contributo dell’adozione a distanza. Un contributo che permette ad ActionAid di mettere in atto progetti di sensibilizzazione in Uganda contro la violenza sulle donne. Gli stessi progetti ai quali hanno partecipato i genitori di Beatrice.
“Da quando mamma e papà frequentano gli incontri di ActionAid” conclude Beatrice, “il clima in casa è molto più sereno”.