Tutto è cominciato con una frana. Nel bel mezzo della notte, all’improvviso, senza alcun riguardo per chi viveva nelle abitazioni di quel piccolo villaggio nel distretto di Budada, in Uganda. In questo modo, la vita di Beatrice, appena 22 anni, è cambiata per la prima volta.
Quando cioè la frana ha distrutto la piccola casa dove lei viveva insieme al marito e un figlio. Si sono salvati soltanto con al’aiuto di un’amica della donna. Altrimenti, con molta probabilità, sarebbero rimasti uccisi sotto le macerie. Sono scappati in piena notte ed è stato difficile. Perché all’epoca Beatrice era incinta.
Hanno dovuto camminare per diverse ore lungo la montagna. “Quando siamo fuggiti”, ci racconta Beatrice, “abbiamo portato con noi un po’ di banane, pomodori e cipolle, ma ero in pensiero perché, una volta che avevamo mangiato tutto, non sapevo come fare per andare avanti”.
Hanno camminato fino a raggiungere un campo di accoglienza, sempre nel distretto di Budada. E Beatrice ha dato alla luce la sua bambina dietro i bagni del centro accoglienza. Dividevano la tenda con altri 18 adulti. Non c’erano coperte per la notte. Non c’era possibilità di lavarsi. Beatrice era preoccupata per la salute dei suoi due bambini, in una terra dove la mortalità infantile miete migliaia di vittime.
Ma poi, per fortuna, la storia di Beatrice è cambiata per la seconda volta grazie all’adozione a distanza. Nel campo di accoglienza sono arrivati tende, cibo nutriente, vestiti, pannolini, kit di pulizia. E i bambini di Beatrice ce l’hanno fatta a sopravvivere.