Un terremoto è uno degli eventi più distruttivi che si possano immaginare. Sopravvivere non è semplice. Spesso è del tutto impossibile. Specialmente per chi vive in uno dei Paesi più poveri del mondo. Come i protagonisti di queste tre storie.
1. Binod
Era il 12 maggio del 2015 e all’epoca Binod aveva dieci anni. Come ogni mattina, stava andando a scuola (che era molto lontana dal villaggio dove viveva). La prima, spaventosa scossa del 25 aprile aveva già devastato il Nepal. Ma non era ancora finita.
Quel 12 maggio, all’improvviso, le mura del refettorio dove stava mangiando con i suoi compagni di scuola cominciarono a tremare. Binod e gli altri si ripararono sotto i banchi. Aspettando che la scossa terminasse.
2. Krishla
Lei, invece, è rimasta coinvolta nel terremoto del 25 aprile. Krishla stava giocando in cortile con i suoi amici, come se fosse un giorno normale. Invece la terra cominciò a tramare. Le pareti vennero giù. Krishla rimase sepolta sotto le macerie della sua casa e degli edifici intorno.
Ci rimase per più di mezz’ora. Quando fu estratta dalle macerie, aveva delle gravi ferite alla testa. Non ci fu il tempo nemmeno di pensare: fu subito portata in una struttura vicina per ricevere le prime cure mediche.
3. Ujwal e Prajwal
Sono due gemelli che, il giorno del terremoto, erano tranquillamente a casa. Stavolta, i veri protagonisti non sono loro. Perché Ujwal e Prajwal non avevano consapevolezza di cosa stava accadendo. Mentre per i loro genitori era tutta un’altra faccenda.
Quando le prime scosse colpirono il Nepal, Rajkumar Desar, il loro papà, e Sunita Rajthala, la loro mamma, pensarono solo alla salvezza dei due bambini. L’uomo si precipitò in casa prima che crollasse tutto. Salì al piano di sopra per prendere i suoi due bambini e portarli giù.
I protagonisti di queste tre storie sono riusciti a sopravvivere al terremoto del Nepal. Perché hanno ricevuto subito le cure mediche di cui avevano bisogno. Perché gli è stato assegnato un alloggio di fortuna. Perché adesso stanno ricevendo aiuti per ricostruire le loro case.
E tutto questo è stato possibile soltanto grazie all’aiuto dell’adozione a distanza.