12 Giugno 2017

povertà in Nepal

Difficile, per chi non lo sperimenta concretamente, riuscire a immaginare cosa significhi vivere in condizione di povertà. Che cosa significhi non riuscire nemmeno a procurarsi il minimo necessario per la sussistenza. Eppure, questa è la condizione di milioni di persone in Nepal.

I numeri

Nel 2015, la popolazione del Nepal ammontava a circa 28 milioni e 500mila persone. Di queste, il 25 percento, quindi un quarto del totale, vive in condizione di povertà estrema, ovvero con meno di 1,90 dollari al giorno. Fatti i debiti calcoli, stiamo parlando di più di sette milioni di persone.

Le cause

Le cause della povertà in Nepal sono diverse. Le principali sono la quasi totale mancanza d’infrastrutture e l’arretratezza dal punto di vista tecnologico. Questi due elementi si riscontrano soprattutto nelle zone rurali della popolazione, tra le più povere in assoluto dell’intero Paese.

E poi, il Nepal sta ancora facendo i conti con le conseguenze degli spaventosi terremoti del 25 aprile e del 12 maggio 2015. In quei giorni, il numero dei poveri è aumentato di 700mila unità. Senza considerare migliaia di vittime e di feriti, e circa tre milioni e mezzo di persone rimaste senza casa.

Le conseguenze

  • Povertà significa, innanzitutto, poco o niente cibo. In Nepal, il 41 per cento dei bambini entro i cinque anni di età soffre di ritardo della crescita. Problema dovuto, principalmente, alla mancanza di cibo.
  • Ogni mille nascite, 36 bambini non superano il quinto anno di vita.
  • In Nepal, si contano circa 600mila giovani che non sanno né leggere né scrivere. Nel 2014, quasi 174mila bambini non andavano a scuola.
  • I più poveri sono costretti a emigrare per lavorare.

Un Paese da aiutare

Per combattere la povertà, il Nepal ha bisogno di banche delle sementi, colture sostenibili, gruppi di discussione e alfabetizzazione, sussidi statali e finanziamenti pubblici, campagne per sensibilizzare sull’importanza dell’istruzione.

Possiamo fare tutto questo. Ma abbiamo bisogno del contributo dell’adozione a distanza.

 

Dati: World bank, Wfp, Who, Unesco