Pamoja nella sua classe - Etiopia

L’istruzione non è uguale per tutti. E questa, purtroppo, non è una notizia. Non era neanche troppo difficile immaginare che il divario, già esistente, causato dalla disparità di accesso all’istruzione, aumentasse sensibilmente con l’arrivo della pandemia; tutti i bambini e ragazzi del mondo sono stati costretti a fare a meno della scuola come luogo di crescita, apprendimento e socializzazione, e a ricorrere, quando possibile, alla cosiddetta didattica a distanza.

Nel mondo, il limite di accesso alle strutture scolastiche ha riguardato circa 170 milioni di giovani. Peccato che anche la DaD sia un lusso; un terzo di questi 170 milioni, purtroppo, è composto da ragazzi e ragazze che vivono in Paesi dove è completamente impossibile accedere all’istruzione da remoto durante i lunghi periodi di chiusura.

La didattica a distanza: cosa significa davvero

Dopo un anno dall’inizio della pandemia, quasi metà degli studenti del mondo soffre ancora per le parziali o complete chiusure scolastiche. L’educazione dovrà diventare la priorità di molti Paesi, pena un’altra gravissima catastrofe: perché la mancanza prolungata di istruzione ha ripercussioni serie sulla rete sociale, economica e psicologica di tutte le nazioni. E gli scenari che si aprono davanti a noi non sono sicuramente dei migliori.

Secondo una stima della Banca Mondiale, ci sarà un aumento dal 40 al 50% di bambini sotto ai 10 anni che non riusciranno a raggiungere il livello minimo di competenze nel periodo delle elementari: parliamo di più di 100 milioni di giovani che non sapranno leggere. Nei Paesi del Sud del mondo questa crisi porterà a un aumento della povertà del 15% circa, con 140 milioni di bambini in più che vivranno sotto la soglia minima. Senza la scuola a molti sarà impedito l’accesso ad almeno un pasto al giorno, all’acqua corrente, al sostegno psicologico. La cosiddetta “Generazione Covid-19”, purtroppo, rischierà di soffrire molto nel proprio futuro, a livello sociale e occupazionale.

Queste sono solo alcune delle conseguenze trasversali che risultano dalla chiusura dei cancelli delle strutture scolastiche. Tra i Paesi più colpiti ci sono Sudamerica e Caraibi, dove le scuole hanno iniziato a chiudere da marzo 2020 per 174 giorni in media, praticamente metà anno. Significa che circa l’87% dei 160 milioni di studenti della regione non ha frequentato neanche un giorno di lezione in otto mesi. Secondo le statistiche, in America Latina solo il 46% degli studenti delle superiori riuscirà a laurearsi, una percentuale che era il 61% prima della pandemia.

La risposta a questa situazione, purtroppo, non può essere l’educazione a distanza, che in queste zone resta un lusso, negato a uno studente su due. Nel quadro d’insieme, dobbiamo immaginare da un lato i giovani più fortunati che hanno internet e genitori istruiti che possono seguirli, dall’altro i bambini che vivono in comunità rurali o povere, dove la loro istruzione rappresentava un modo di rialzare le sorti familiari, dove non c’è neanche acqua corrente (figuriamoci una connessione), e dove i genitori non hanno le conoscenze per fornire ai loro figli il supporto necessario per studiare.

Il diritto all’istruzione è innegabile per ogni giovane del mondo, e fa parte degli obiettivi di sviluppo sostenibile imposti dall’ONU da raggiungere entro il 2030. Ma sembra non essere mai stato più lontano.

Pamoja e ActionAid Etiopia

Pamoja mentre si lava le mani a scuola - Etiopia

Anche l’Etiopia ha dovuto reagire al Covid-19 con chiusure forzate che avranno ripercussioni sul lungo periodo. La scuola a distanza in Etiopia è un’utopia, impossibile da attuare per molti dei sette mesi della chiusura forzata delle scuole. È proprio da qui che arriva la storia di Pamoja: una ragazzina di 12 anni che stava frequentando la terza media quando è scoppiata la pandemia. Per i sette mesi di chiusura, ha passato il tempo in casa con i suoi fratelli a giocare e leggere. Quando la situazione si è stabilizzata, il governo ha deciso di riaprire le strutture che rispettassero determinate caratteristiche per prevenire nuovi contagi. Peccato che la scuola di Pamoja non avesse abbastanza sedie, scrivanie, lavagne ed equipaggiamento contro il Coronavirus per riaprire.

Grazie ad ActionAid Etiopia la scuola ha ricevuto in tre settimane 60 sedie di plastica, 8 tra taniche e barili per contenere acqua pulita, 4 nuove lavagne e 200 mascherine. La scuola ha riaperto per tutti, permettendo a Pamoja di tornare a studiare e a vedere un po’ più vicino il proprio sogno: diventare medico. Ce ne sono tanti, di ragazzi e ragazze come Pamoja, nel mondo. La buona notizia è che aiutarli è possibile grazie al sostegno a distanza. Dona ora!