30 Marzo 2017

mortalità neonatale nel mondo

Il ventottesimo giorno dalla nascita. Meno di un mese, a conti fatti. Meno di un mese di vita. È questo il punto di partenza per capire di cosa si parla quando si cita la mortalità neonatale. Ed è questo il punto di partenza per capire che si tratta di uno dei più gravi problemi del mondo.

La buona notizia

In quindici anni, dal 1990 al 2015, il tasso di mortalità neonatale (ovvero dei decessi che occorrono entro il ventottesimo giorno dalla nascita) è diminuito dal 47 percento: in questo lasso di tempo, si è passati da 36 a 19 decessi di bambini ogni mille nati vivi. Nello stesso periodo, il numero di decessi è significativamente diminuito.

La cattiva notizia

Perché diminuito non significa azzerato. Ancora nel 2015, due milioni e 700mila bambini non hanno superato il ventottesimo giorno dalla nascita. A questo dato, bisogna aggiungerne altri due:

  • Sempre nello stesso periodo (1990-2015), il tasso di mortalità neonatale è diminuito meno rispetto al tasso di mortalità infantile (bambini che non hanno superato il quinto anno di vita): per la precisione, 47 percento contro 58 percento a livello globale.
  • Nel 2015, sul totale dei decessi di bambini (cinque milioni e 900mila), un milione è occorso nel primo giorno di vita, due milioni nella prima settimana.

La maggior parte dei decessi entro il ventottesimo giorno di vita si registra in Africa Subsahariana e in Asia meridionale.

Le cause

A livello mondiale, le principali cause di morti neonatali sono state:

  • Complicazioni alla nascita (35 percento);
  • Complicanze legate all’intrapartum (24 percento);
  • Sepsi (15 percento).

La maggior parte dei decessi è causata da malattie che sono facilmente prevenibili o curabili.

Un problema da risolvere

Quest’ultima considerazione è quella che dovrebbe far riflette di più. Per riuscirci, occorrono farmaci, strutture sanitarie adeguate, personale medico formato.

Cose semplici. Ma non è così se si parla di alcuni dei Paesi più poveri del mondo. Ed è per questo che c’è bisogno dell’aiuto dell’adozione a distanza.

 

Dati: Unicef
Immagine: Kate Holt/ActionAid