Morire di sete: quante volte ti sarà capitato di usare questa espressione? Magari quando avevi appena finito di fare jogging. O dopo una lunga giornata di lavoro. O in un giorno particolarmente caldo. Eppure, nei Paesi più poveri del mondo, morire di sete non è affatto un modo di dire. Per diversi motivi.
Letteralmente, si “muore di sete” quando la percentuale di acqua nel corpo diminuisce al di sotto di una certa soglia. Affaticamento, sonnolenza, torpore, deficit cognitivi, sete, vertigini e palpitazioni sono i segni e i sintomi rivelatori della disidratazione.
Ma in Africa, nell’Asia Meridionale e in altri Paesi del Terzo mondo le cose stanno diversamente. Soprattutto se si considerano questi due numeri:
- Nel mondo, quasi un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile.
- Nel mondo, 748 milioni di persone si procurano acqua da fonti non sicure.
Prendiamo l’ultimo numero, 748 milioni di persone che si abbeverano a fonti non sicure. Ogni giorno si trovano di fronte a una scelta. Morire, letteralmente, di sete. Oppure procurarsi acqua da fonti non sicure con tutti i rischi che ne possono derivare: è questa una delle principali cause della diffusione delle malattie della povertà.
Tu cosa sceglieresti se ti trovasi nella stessa situazione? Cosa sceglieresti tra morire di sete e bere acqua probabilmente infetta?
Forse, più che morire di sete sarebbe più corretto dire morire per la sete. Perché l’acqua è un diritto di tutti. Ma non viene riconosciuto a tutti i popoli del mondo, come invece dovrebbe essere.
C’è qualcosa che possiamo fare per aiutare queste persone? Sì, un modo c’è. E si chiama adozione a distanza. Perché con il tuo contributo garantiremo acqua potabile e sicura anche a chi in questo momento si sta abbeverando a un ruscello o uno stagno.