Sono come tre anelli di una catena. Una catena difficile da spezzare, specialmente se si vive in Africa. Mestruazioni, violenza e povertà sono la conseguenza le une delle altre. E hanno, sulla vita delle donne e soprattutto delle giovani ragazze, delle ripercussioni gravissime. Dalle quali, fin troppo spesso, non è possibile tornare indietro, condannando la persona a una vita di miseria.
- Mestruazioni. Per chi vive in Africa in condizione di povertà, il periodo mestruale rappresenta un grosso problema. Basti pensare che, in questo continente, circa una ragazza su dieci non frequenta la scuola quando ha il ciclo. Questo, in pratica, vieta alle ragazze di sviluppare appieno il loro potenziale. A ben vedere, semplicemente perché son ragazze. Tutto qui.
- Povertà. Perché, quando hanno il ciclo, le ragazze non riescono ad andare a scuola? Per motivi semplici ma, allo stesso tempo, incredibili. Vivendo in povertà, le loro famiglie devono scegliere se comprare assorbenti e asciugamani puliti oppure il cibo per sfamare i loro bambini. Inoltre, nelle scuole delle zone rurali e più isolate, spesso, mancano completamente sia l’acqua sia i servizi sanitari essenziali. Mortificate dall’imbarazzo, non avendo la possibilità di usufruire del bagno in maniera sicura, le ragazze in quei giorni restano a casa.
- Violenza. Le ragazze, in questo modo, restano indietro con gli studi. E hanno maggiori probabilità di abbandonare del tutto la scuola. Senza le più elementari conoscenze, queste ragazze non sapranno mai quali sono i loro diritti né, specialmente, come fare per rivendicarli. Non solo: non andando a scuola, corrono un rischio maggiore di essere rapite per matrimonio, di finire nella morsa di un matrimonio precoce, di subire abusi e violenze.
È concepibile correre il rischio di subire violenza e di non trovare un lavoro dignitoso semplicemente perché non si dispone di semplici oggetti come assorbenti e asciugamani puliti? Basta poco, quindi, per salvare queste ragazze. Ma anche quel poco è difficile da avere nei Paesi più poveri del mondo. A meno che questi Paesi non ricevano l’aiuto di chi, proprio come te, sta pensando all’adozione a distanza.
Dati e immagine: Karin Schermbrucker/ActionAid.org.uk