Mayson è poco più che trentenne. Nella sua vita ha visto il peggiore degli orrori: quello della guerra. Viveva a Zabadani, una cittadina siriana al confine con il Libano, con i suoi genitori e il fidanzato. La sua condizione era la stessa di migliaia di donne che vivono in Siria, un Paese entrato nel suo quinto anno di caos, misera e massacri.
Circa due anni fa suo padre è stato torturato e ucciso. Suo fratello e suo zio sono misteriosamente scomparsi, di loro non si è saputo più niente. Mayson, sua madre e sua sorella minore hanno avuto paura. Subito dopo questi eventi sono scappate in Libano in cerca di un posto più sicuro dove vivere.
Mayson si è lasciata dietro molte persone a cui teneva. Il suo fidanzato non aveva il permesso di lasciare la Siria. Adesso, per quanto Mayson ne sa, l’uomo è ancora a Zabadani, nell’inferno della Siria martoriata dalla guerra.
Per Mayson è stato difficile integrarsi in Libano. Lo racconta lei stessa. “Dopo due anni a Baalbek, non mi sento ancora a mio agio… La famiglia di mia madre è libanese e questo allevia il peso di aver lasciato la Siria: non si può dire lo stesso per molti siriani che si sono stabiliti qua. Al momento, la mia maggiore preoccupazione è trovare lavoro”.
Il lavoro. Mayson ne aveva uno. Laureata in filosofia all’Università di Damasco, lavorava presso un centro educativo per studenti delle elementari che sperimentava nuovi metodi di insegnamento. La guerra la ha portato via anche questo. Insieme alla casa, andata distrutta.
A Baalbek la vita di Mayson è cambiata per la seconda volta. Si è unita al Fellowship programme. Adesso aiuta i rifugiati siriani e libanesi a migliorare le loro condizioni di vita, a inserirsi nel nuovo Paese in cui vivono.
Grazie al Fellowship programme Mayson si sente nuovamente una componente attiva della società. Un’iniziativa messa in atto con il contributo dell’adozione a distanza.