Il 50% del grano e dei cereali distribuiti dal World Food Programme (WFP) nei Paesi in crisi umanitaria proviene da Russia e Ucraina. Con la guerra in Ucraina, questo approvvigionamento è crollato per due ragioni: da una parte il governo ucraino sta trattenendo un numero maggiore di cibo per aiutare la propria popolazione e prevenire una carestia interna, dall’altra il governo russo ha bloccato l’export dell’Ucraina che arrivava ad Africa e Medio Oriente attraverso il Mar Nero.
Il taglio netto alle esportazioni di grano, olio di girasole e fertilizzanti è una condanna per la crisi alimentare che sta avendo luogo nel Corno d’Africa, dove più di 13 milioni di persone tra Etiopia, Kenya e Somaliland stanno affrontando una crisi senza precedenti.
Guerra in Ucraina, carestia in Africa
È la prima volta in anni che una guerra dall’altra parte del mondo ha effetti così devastanti sulle realtà africane. Il Corno d’Africa era già particolarmente in difficoltà: i due anni di pandemia si sono sommati alla devastazione dei raccolti a causa delle locuste e alla siccità, ancora lontana dal passare dopo che anche questa stagione delle piogge è saltata. Tutto questo sta causando un enorme peggioramento della malnutrizione in Africa, soprattutto per i bambini.
In Somaliland non piove da un anno. Sono a rischio 1,2 milioni di persone. Prima della guerra in Ucraina, la siccità aveva portato il prezzo di 200 litri d’acqua da 1 a 5 dollari. Un lusso per le moltissime famiglie colpite dalla povertà in Africa. Con la guerra in Ucraina, anche il prezzo del riso è aumentato, passando da 20 a 30 dollari per 25 kg.
Altri numeri in crescita dovuti alla crisi riguardano la violenza di genere e i matrimoni precoci. Le innumerevoli difficoltà delle famiglie stanno causando un ritorno della pratica dei matrimoni forzati: le giovani ragazze vengono date in sposa in cambio di cibo e acqua, sono costrette ad abbandonare la scuola e sono più esposte a violenza.
È una situazione che ActionAid sta gestendo il più possibile insieme ai gruppi organizzati di donne nelle comunità locali che offrono riparo e spazi sicuri a chi riesce a scappare, dove ricevono supporto psicologico, medico e legale.
Per rispondere alla crisi alimentare e alla siccità africana, i governi di Kenya, Somaliland ed Etiopia, stanno investendo in servizi e infrastrutture ma c'è bisogno di maggior sostegno perché la siccità nel Corno d’Africa sta mettendo in ginocchio la popolazione. Solo in Somalia, la carestia ormai conclamata, ha portato 2,5 i milioni di persone a vivere in crisi alimentare, e 700mila si trovano in emergenza grave.
La vita di Sagal in Somaliland
Dal Somaliland ci arriva la storia di Sagal: una donna di 40 anni, all’ottavo mese di gravidanza, già madre di due figli, che vive con il marito nel campo di Giro-Sumo IDP. Con ActionAid, stiamo sostenendo la sua comunità di Gaboye da anni, ma con la riduzione dei contributi da parte dell’ONU la situazione è diventata molto complicata, tanto che le madri stanno rinunciando a mangiare per poter dare ai figli almeno un pasto al giorno.
“È terribile per una madre vedere un figlio mangiare una sola volta al giorno. Io sono triste, ogni giorno di più. Non possiamo permetterci più di questo e viviamo in un rifugio che non ci protegge né dal freddo né dal caldo cocente”.
L’unica cosa che permette loro di gestire un minimo i morsi della fame è il tè nero che Sagal prepara ogni giorno per sé e per i suoi figli. Quando non c’era questa siccità, prima del 2017, Sagal aveva una vita prospera: allevava animali che le permettevano di far crescere i suoi figli sani. “Ora tutti gli animali sono morti. Non piove più, il clima è cambiato e ogni giorno è sempre peggio. Ma se ricominciasse a piovere tornerebbe la prosperità e tutto ritornerebbe al proprio posto”.
Intanto, lei e molte altre famiglie sono emigrate a Giro-Sumo, dove l’accesso all’acqua è gratuito. Anche se non è molto, ma permette di sperare in meglio. Possiamo rendere la vita di Sagal e dei suoi figli migliore, ma c’è bisogno di ogni contributo possibile. Dona ora!