Tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile messi a punto dall’ONU, c’è anche quello di eliminare per sempre l’epatite virale entro il 2030. Il 28 luglio, in occasione della Giornata Internazionale contro l’Epatite, tutti i Paesi firmatari si trovano a fare un bilancio della situazione, non proprio tra le più rosee.
Giornata mondiale epatite: qualche dato
Le stime, purtroppo, non sono molto rassicuranti. La maggioranza dei Paesi è riuscita a rispettare solo alcuni degli obiettivi previsti entro il 2020 (fonte World Health Organization), come ridurre l’incidenza dell’epatite B nei bambini sotto ai 5 anni e curare più persone contro l’epatite C. Ma le buone notizie finiscono qui. Nei Paesi a basso e medio reddito, l’accesso al vaccino per prevenire l’epatite B in età neonatale resta una sfida difficile. Per questo, l’epatite è considerata una delle malattie della povertà.
Ma ci sono anche altri problemi globali. L’impegno politico è molto scarso, come la consapevolezza da parte del pubblico sulla tematica: questa malattia è ancora motivo di discriminazione per i malati, con grossi effetti sull’accesso alle cure e alla prevenzione.
Si stima che, nel mondo, ci siano 354 milioni di persone affette da varie forme di epatite, e che ogni 30 secondi una persona muoia di epatite virale. Questo si traduce in un milione di morti all’anno: un numero che supera tutte le vittime generate da HIV e malaria nello stesso periodo di tempo.
Un dato importante, soprattutto se pensiamo che questa è una malattia che potrebbe essere prevenuta e trattata molto facilmente. Ma che, purtroppo, soffre ancora di uno stigma legato alle abitudini di vita di alcuni malati, o alle loro condizioni socio-economiche di partenza.
Cos’è l’epatite?
L’epatite virale è un’infiammazione che colpisce il fegato. Il virus dell’epatite B è stato scoperto nel 1967 dal biochimico premio Nobel Baruch Blumberg, nato proprio il 28 luglio, che ne sviluppò anche il primo vaccino. I virus che causano l’epatite virale sono 5: A, B, C, D ed E. L’epatite A e l’epatite E si trasmettono principalmente tramite l’ingestione di cibo e acqua contaminate, e interessano di più le nazioni con una grave carenza di acqua pulita e igiene. Difficilmente però diventano croniche, anche se spesso tendono a creare situazioni di emergenza sanitaria nei luoghi dove iniziano a trasmettersi.
L’epatite B si trasmette attraverso il sangue o i fluidi corporei, e nel mondo al momento è una malattia con cui convivono 296 milioni di persone. L’epatite C si trasmette attraverso il sangue, a causa di iniezioni in condizioni non igieniche o con lo stesso ago, o di un’inadeguata sterilizzazione degli strumenti medici. L’epatite D, infine, si diffonde sempre attraverso sangue infetto e nei pazienti che hanno già l’epatite B.
Contro l’epatite B esiste un vaccino, e c’è una cura contro la C, ma nonostante questo i Paesi firmatari ancora non riescono ad avvicinarsi all’obiettivo di eradicarla dai numeri nazionali.
Nuovi casi di epatite sotto osservazione
Nel giugno 2022, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha avviato un’indagine riguardo a un trend che sembrerebbe in crescita in 33 Paesi del mondo, soprattutto in Europa e America. Sotto la lente sono finiti circa 920 casi di probabile epatite improvvisa e inspiegabile, in bambini di età inferiore ai 10 anni. I primi casi sono stati riscontrati in Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dopo qualche mese si sono registrati in tutta Europa e nelle Americhe (Stati Uniti e regioni a Ovest del Pacifico). Sono stati registrati casi anche nel Sud-Est Asiatico e nella zona Est del Mediterraneo.
I sintomi che hanno attirato l’attenzione sono quelli di un’epatite acuta sviluppatasi molto velocemente. Nella gran parte delle situazioni studiate, l’epatite è stata prontamente trattata, con poche eccezioni che hanno avuto bisogno di un trapianto di fegato o non ce l’hanno fatta (2%).
L’OMS sta monitorando la situazione, e durante il terzo World Hepatitis Summit 2022 saranno discusse le strategie di contenimento e azione per capire in che modo tornare in linea con gli obiettivi previsti per il 2030. Per curare il 95% delle persone affette da epatite C basterebbero tre mesi al massimo. Ma serve l’aiuto di tutti: dona ora!