10 Giugno 2025 - 
lavoro minorile discariche

La Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile, che si celebra il 12 giugno, parla soprattutto di un numero che rappresenta un problema globale: 152 milioni. Questi sono, secondo le ultime stime, i bambini tra i 5 e i 17 anni costretti a lavorare in condizioni pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza, e il loro sviluppo. Non possono giocare e studiare, e la loro vita è una lotta per la sopravvivenza che spesso avviene in luoghi già colpiti da povertà, guerre o disastri naturali, in cui vengono reclutati come bambini-soldato, o costretti a lavorare per strada.

Abolire il lavoro minorile: una sfida possibile

Secondo l’ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro istituita nel 1919, abolire il lavoro minorile si può attraverso interventi mirati da parte dei governi, con procedure d’urgenza per contrastarne le forme peggiori. Un’azione globale permetterebbe anche di avvicinarsi all’obiettivo numero 8.7 dell’Agenda ONU 2030, per la quale l’ILO ha lanciato l’Alleanza 8.7 che vuole porre fine, tra le altre cose, anche alla tratta degli esseri umani, alla schiavitù moderna e ai lavori forzati.

I bambini sfruttati sviluppano problemi fisici e psicologici a causa di lavori altamente usuranti, subiscono spesso abusi fisici e psicologici, abbandonano la scuola e sono costretti all’isolamento sociale. Il fenomeno interessa moltissime zone del mondo e una volta dentro è davvero difficile uscirne.

Noi di ActionAid portiamo supporto legale e psicologico ai bambini che sono stati costretti a lavorare sin da piccoli, lavoriamo per identificare i datori di lavoro che sfruttano manodopera minorile, forniamo sostegno economico alle famiglie in difficoltà per far sì che non mandino i figli a lavorare, e avviamo campagne di sensibilizzazione tra gli anziani e i leader delle comunità per sensibilizzare sulla problematica.

La giornata contro il lavoro minorile: lo sfruttamento ha tante forme

Attraverso i nostri programmi in Kenya organizziamo campagne per tenere i bambini lontani dal lavoro e garantire loro l’accesso alla scuola. La prima sfida da affrontare è la povertà.
Lo sa bene Njeri, una bambina di 13 anni che sogna di diventare cardiochirurga. Sua madre raccoglie foglie di tè, e spesso Njeri la aiuta nel lavoro: “Camminiamo a lungo per arrivare alla fattoria o per tornare a casa, e i cesti di foglie sono molto pesanti. Io riesco a raccogliere solo 5 kg al giorno e a volte lavoriamo fino al pomeriggio”. Per questo, Njeri spesso non riesce ad andare a scuola.
La stessa situazione vive Afaafa, una bambina di 12 anni, anche lei figlia di una lavoratrice nelle piantagioni di tè.
Entrambe beneficiano del progetto triennale realizzato con la Ethical Tea Partnership (ETP) e le aziende Lavazza e Taylors of Harrogate. ActionAid, insieme a queste realtà, supporta gli agricoltori e i lavoratori delle comunità del Kenya. Il progetto offre formazione e supporto a tutti, per promuovere un lavoro giusto, migliorare le condizioni di vita e proteggere le persone dalla violenza.

In molte parti del mondo i bambini lavorano anche nelle discariche di rifiuti. In Kenya, nella località di Mwakirunge, a soli 2 km dalla scuola, c’è una grande discarica dove spesso i bambini si fermano a raccogliere rifiuti per guadagnare qualche soldo. Rehema, una ragazza di 17 anni, racconta che molti compagni abbandonavano la scuola per lavorare lì. ActionAid ha lavorato per sensibilizzare ragazzi e adulti sui diritti dei bambini e sui pericoli dei rifiuti, chiedendo al governo di migliorare la gestione dei rifiuti nella comunità di Mombasa.
I giovani sono stati coinvolti in forum e tavole rotonde organizzate da ActionAid Kenya, dove hanno potuto esprimere le loro idee. Da queste iniziative sono nati gruppi di ragazzi e ragazze che difendono la loro salute e il diritto allo studio. Rehema è una di loro e partecipa alle assemblee della città di Mombasa per portare avanti questi messaggi. Grazie a questo lavoro, 24 bambini sono riusciti a tornare a scuola dopo aver lavorato nelle discariche.

In India esiste una forma di sfruttamento che coinvolge bambine e donne chiamata sistema Devadasi. La parola “Devadasi” significa “serva di Dio” in sanscrito. Si tratta di bambine e ragazze che vengono date in sposa alle divinità e devono servire nei templi attraverso danze e servizi sessuali per sacerdoti e uomini della comunità.
Questa pratica deriva da un antico culto indù, ma oggi si traduce nello sfruttamento di bambine spesso sotto i 15 anni, provenienti da caste povere e marginalizzate. Questo sfruttamento è spesso accettato perché fa parte di un sistema culturale radicato da generazioni.
Le ragazze diventano Devadasi per decisione delle loro famiglie, dei leader o dei sacerdoti locali, che hanno grande potere nella comunità. Una Devadasi è anche vittima di stigma sociale: la mancanza di istruzione, la povertà e la vulnerabilità psicologica costringe le Devadasi ad essere per sempre sfruttate sessualmente e, spesso, a dare alle figlie il loro stesso destino.

Cos’è il lavoro infantile?

Il lavoro infantile è una condizione che costringe i bambini a lavorare per sopravvivere. Spesso questo tipo di sfruttamento infantile non viene pagato o è pagato pochissimo, e porta a conseguenze pesanti nello sviluppo, sia mentale che fisico, dei bambini.
Questi bambini non possono andare a scuola, lavorano a turni strazianti, e svolgono mansioni spesso troppo pesanti per il loro corpo, in condizioni pericolose e senza alcuna assistenza.
Nonostante i dati diano il lavoro minorile in decrescita da vent’anni, la strada da fare è ancora lunga. Tanto più che questa condizione affligge di più i bambini che vivono in zone di guerra, di povertà e disastri naturali.
L’ILO celebra nel 2019 i vent’anni dalla redazione di un importante documento: la Convenzione sulle peggiori forme di lavoro minorile (1999), che ha tra i firmatari tantissimi Paesi che ancora non la rispettano. Come la Convenzione sull’età minima di ammissione al lavoro, redatta nel 1973, e firmata da 168 Stati, che registra tra i non firmatari anche Paesi occidentali come Australia, Canada e Stati Uniti.

I bambini non dovrebbero lavorare sui campi, ma sui sogni

Combattere il lavoro infantile è tra gli obiettivi di sviluppo dell’ONU, precisamente il punto 8.7, dove si invitano gli Stati firmatari a “prendere misure immediate ed efficaci per sradicare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù e alla tratta di esseri umani e assicurare il divieto e l’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile, incluso il reclutamento e uso di bambini soldato e del lavoro minorile, in tutte le sue forme”. I numeri confermano che siamo ancora lontanissimi da questo obiettivo e probabilmente non riusciremo a raggiungerlo nei 10 anni di tempo che abbiamo a disposizione.

“I bambini non dovrebbero lavorare sui campi, ma sui sogni”: questo è lo slogan dell’edizione di quest’anno della Giornata Mondiale contro il lavoro minorile. Dati dell’ILO dicono infatti che 7 su 10 bambini costretti in schiavitù lavorano nell’agricoltura, che include pesca, silvicoltura, pastorizia e acquacoltura. Ma il lavoro infantile, soprattutto nelle aree sconvolte dai conflitti, riguarda ogni settore. I bambini lavorano sia per riuscire ad avere qualcosa da mangiare che per il commercio. Il 17% è nei Servizi e il 12% si trova nel settore industriale, come quello delle miniere, o nell’industria manifatturiera dove lo sfruttamento dei bambini permette alle aziende di produrre prodotti a basso costo da rivendere nei mercati di tutto il mondo a prezzi concorrenziali.

Contro il lavoro minorile possiamo fare di più

Questi bambini sono i più vulnerabili. Si può fare qualcosa per loro, da qui? Adottando un bambino a distanza con ActionAid è possibile garantire un’istruzione adeguata, più accesso ai servizi e quindi alla possibilità di un futuro diverso: possiamo aiutare i bambini a lavorare sui propri sogni e sul proprio futuro.
Il lavoro di ActionAid è dare a questi bambini e a queste bambine la possibilità di sognare un futuro migliore, che segua le proprie attitudini e passioni. Aiutaci anche tu.