Il 6 febbraio del 2012 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha instituito la Giornata internazionale contro le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF), per rafforzare l’impegno a eliminare questa pratica dai luoghi del mondo in cui ancora viene applicata, con importanti ripercussioni sulla salute fisica e psicologica delle ragazze.
UNICEF, UNFPA, e l’ONU sono tutti uniti per il contrasto di questa tradizione, ancora un rischio reale per circa 68 milioni di ragazze in tutto il mondo che, secondo le stime, rischiano di esserne vittima prima del 2030 (fonte: https://www.onuitalia.it/giornata-internazionale-contro-le-mutilazioni-genitali-femminili-6-febbraio/).
Le mutilazioni genitali femminili nel mondo
Le MGF sono ancora diffuse in trenta Paesi dell’Africa (in particolare la Somalia) e del Medio Oriente, come in America Latina, Asia, Europa occidentale, America del Nord. Comprendono al loro interno diverse tipologie: la clitoridectomia, l’escissione, l’infibulazione e tutte le procedure che vengono effettuate senza alcun motivo terapeutico, e in condizioni igienico-sanitarie poco idonee.
Nonostante siano riconosciute a livello internazionale come una violazione estrema dei diritti e dell’integrità delle donne e delle ragazze, hanno ancora una grande radice culturale all’interno di alcune comunità, tanto profonde da non riuscire a ricostruirne l’origine e il modo in cui si sono diffuse così tanto in tutto il mondo. Il lavoro da fare per eradicarle deve muoversi quindi su due fronti: il primo è legislativo, con un impegno da parte di ogni singolo Stato a condannare e punire severamente i trasgressori; il secondo è culturale, appunto. La cultura e le tradizioni, si possono combattere solo con interventi mirati alla formazione e sensibilizzazione delle comunità interessate che, spesso, è fatta di persone che non hanno mai avuto l’occasione di considerare un altro punto di vista.
La storia di Margaret
Le MGF sono una forma di costrizione praticata su bambine e giovani ragazze, che le porta non solo a rischiare la vita ma le priva del diritto ad autodeterminarsi, cioè di decidere del proprio corpo.
Una storia che racconta quanto sensibilizzare le comunità faccia davvero la differenza, ci arriva dal Kenya. Margaret è una donna di 57 anni che ha subito una MGF a soli 10 anni, poco prima di essere data in sposa. Secondo uno studio ActionAid sul territorio, nel 2009 nella comunità di Margaret il 95% delle donne era analfabeta ed era stata vittima di MGF.
“Erano tempi, racconta Margaret, in cui le bambine erano viste come fonte di ricchezza”. A 10 anni dare in sposa una figlia valeva molto di più che farla studiare e questo destino è toccato anche a lei, che ha iniziato da subito a fare la moglie e a prendersi cura della famiglia. Nel 2007 però è stata eletta come una delle mediatrici della comunità per ActionAid, e ha seguito molti corsi di formazione sulla leadership femminile e la buona salute riproduttiva, insieme a più di 2275 donne, 500 uomini e 1000 ragazze in soli 7 anni.
“Nella mia comunità le MGF vengono performate da donne. Sono riuscita a identificarne alcune e siamo andati a trovarle, porta a porta, con il gruppo KOMESI, convincendone 15 non solo a interrompere le pratiche ma anche a condannarle apertamente”. Margaret e ActionAid hanno poi portato queste persone alla stazione della radio locale Kalya, e le hanno fatte parlare al microfono sui rischi delle MGF, raggiungendo più di 20mila persone. “Ora ho capito che tutti abbiamo una voce e possiamo lavorare insieme per liberare il corpo delle donne e porre fine alla pratica delle MGF per tutte”.
Mentre è impegnata a trasformare la sua comunità in un centro turistico che possa portare più ricchezza alle persone che la abitano, Margaret sta continuando il suo lavoro: “I cambiamenti positivi nella mia comunità mi motivano a continuare a lottare per i diritti di donne e ragazze, in modo che non debbano mai affrontare la mia stessa sfida di non riuscire a realizzare i propri obiettivi e i propri sogni”.
Testimonianze di donne tenaci come Margaret aiutano a comprendere la dura realtà di questa pratica e l’impatto di lungo periodo che essa ha sulla vita delle donne. Ma è possibile fare la differenza, diventando parte del cambiamento contribuendo attraverso il sostegno a distanza, cambiando il destino di chi è coinvolto in prima persona e anche di chi le circonda. Ci sono moltissime altre donne straordinarie come lei pronte ad iniziare una nuova vita. Aiutaci anche tu: dona ora!