03 Aprile 2020

COVID-19 in Africa

Il 5 aprile è la Giornata Mondiale della Salute e arriva in un momento storico in cui la nostra capacità di comprendere ed empatizzare con situazioni estreme è, forse per la prima volta, ai massimi livelli. Da quando il Coronavirus ha sconvolto le nostre vite abbiamo scoperto cosa significa emergenza sanitaria, ma nei paesi del Sud del Mondo questa sensazione di incertezza e paura è una realtà da sempre. E proprio quelle popolazioni, oggi, non possono semplicemente “stare a casa” per far fronte al COVID-19, perché una casa non ce l’hanno.

La giornata mondiale della salute: la situazione Coronavirus nel Sud del Mondo

Il COVID-19 è arrivato anche in Asia, America Latina e in Africa, e correre immediatamente ai ripari è necessario per contenere i danni. Perché la situazione di partenza nella maggior parte dei territori è molto lontana da quella dei paesi Occidentali. In molte realtà africane, non c’è acqua corrente con cui lavarsi spesso le mani, figuriamoci “per 20 secondi”. Non ci sono bagni come li conosciamo e interi villaggi vivono in condizioni igieniche precarie, il che renderebbe impossibile bloccarne la diffusione se il COVID-19 raggiungesse questi luoghi. Se i contagi dovessero aumentare, i pochi ospedali che sono sul territorio sprovvisti di reparti di terapia intensiva non sarebbero in grado di gestire molti casi, soprattutto gravi.

Gli operatori di ActionAid in Africa si sono già attivati per formare le comunità sulle norme da attuare e per distribuire dispositivi di sicurezza (mascherine, guanti, disinfettanti), ma c’è bisogno di tutto per prevenire il caos.

Si stima che il costo economico del virus in tutta l’Africa supererà il trillione di dollari, con ovvie conseguenze sugli stati che stanno già combattendo con altri debiti e assistono contemporaneamente al crollo degli scambi commerciali di import-export con i paesi esteri, primo tra tutti la Cina. Il sistema sanitario in Africa, a fronte di una spesa raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità del 4-5%, investe in realtà l’1,5%. Nelle sole aree urbane, i letti di ospedale a disposizione sono 1,2 per 1000 persone. Il Sudafrica, tra le regioni più ricche del continente, ha meno di 1000 posti di terapia intensiva a disposizione per tutti. Tutto questo si somma a una grave mancanza di personale medico: secondo l’OMS dovrebbero esserci almeno 44,5 medici ogni 10 mila persone. In Zambia ce ne sono 12, 8 in Uganda e in Tanzania solo 2.

Se il COVID-19 dovesse arrivare nelle zone più disagiate, colpirebbe uomini, donne e bambini denutriti, con un sistema immunitario già compromesso, che vivono in condizioni di povertà e assenza totale di sistemi essenziali di igiene. Non ci sono dati certi, ma è possibile supporre che tutto questo potrà tradursi non solo in un aumento dei contagi, ma anche in una più probabile difficoltà nella gestione delle complicanze, con conseguente aumento del tasso di mortalità.

COVID-19 in Africa: che effetti avrà il lockdown?

In paesi come il Kenya, le famiglie guadagnano 4-5 dollari al giorno, e bastano a mala pena per mangiare. I giornali hanno definito il possibile lockdown “la scelta del diavolo”, perché la gente dovrà decidere se restare a casa e morire di fame, o uscire per lavorare e morire per il virus. Lockdown significa privare l’80% della popolazione di una minima entrata, con un welfare che non potrà sostenere gli immensi danni all’economia. E il risultato è solo altra povertà.

Cosa possiamo fare insieme

La giornata della salute arriva proprio nel corso di un’emergenza sanitaria mondiale che colpisce soprattutto gli stati più deboli, dove serve tutto: mascherine, gel, guanti, personale che possa sensibilizzare le popolazioni sulle norme di sicurezza da adottare. Servono i test per riuscire a diagnosticare in fretta i casi di COVID-19 e isolarli. Le misure restrittive preventive, come quelle effettuate immediatamente dal Senegal, sono – letteralmente – vitali. E dove non ci sono case, vanno portate prevenzione e risorse. ActionAid è da sempre presente nella gestione delle crisi grazie a una rete di supporto locale che si impegna a portare sollievo in situazioni limite. Bastano 82 centesimi al giorno per correre ai ripari.

 

Fonti:

Thesubmarine.it

Vita.it

Ispionline.it