“Il più grave disastro ambientale dell’emisfero meridionale”. Così l’ONU ha definito il ciclone Idai in Mozambico che ha causato devastazioni anche in Zimbabwe e Malawi. Ed è emergenza umanitaria. Emergenza per la mancanza di acqua potabile, elettricità e ripari per la popolazione. Emergenza perché il ciclone Idai ha distrutto 715 mila ettari di coltivazioni pronti per la raccolta, rovinando un anno di lavoro e sostentamento per tantissime persone. Emergenza sanitaria per la carenza di prima assistenza, ma soprattutto per l’epidemia di colera che il ciclone Mozambico ha causato.
Secondo gli ultimi dati Unicef i casi di colera confermati sarebbero 3500. Soprattutto nella città portuale di Beira, la più esposta al disastro e una delle destinazioni del milione di vaccini inviati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. 680mila persone sarebbero già state vaccinate contro la malattia, e la copertura in tutte le zone colpite è arrivata all’84% dell’obiettivo prefissato.
Il Mozambico non è solitamente colpito da calamità naturali di questa portata. Il ciclone tropicale Idai è un evento raro in questa parte del mondo. Secondo statistica, la potenza massima raggiunta dalle correnti che si creano nella parte meridionale del globo è di 200 chilometri orari, un evento che si verifica un paio di volte nell’arco di dieci anni. L’uragano Mozambico ha invece raggiunto i 315 chilometri orari in sole 24 ore. Ciò significa: poco preavviso e assoluta impossibilità di prevederlo.
Il punto della situazione
Secondo uno degli ultimi bollettini dell’Onu sarebbero 602 le persone decedute solo in Mozambico, e 1641 i feriti. 185 morti e 200 feriti in Zimbabwe e 62 morti e 672 feriti in Malawi. Le persone coinvolte nel ciclone Mozambico sono circa 1,85 milioni: bambini e famiglie che si sono viste portare via tutto dall’uragano Idai e che ora hanno bisogno di rimettersi in piedi, ma il paese non è ancora pronto a sostenere le richieste di aiuto.
Onu, Unicef e l’Europa si stanno mobilitando per raccogliere più di 200 milioni di dollari, per far fronte all’emergenza umanitaria. La distribuzione di generi alimentari, vaccini e kit di primo soccorso sta avvenendo anche mentre scriviamo. Sono tantissimi i bambini e le famiglie rimasti senza casa, che aspettano un pasto caldo preparato dai volontari.
L’acqua potabile: la prima vittima del ciclone Mozambico
La maggior parte della popolazione del Mozambico è senza elettricità e acqua pulita, e l’emergenza sanitaria è quindi destinata a peggiorare: colera, malaria, infezioni della pelle e anche malattie respiratorie sono in crescita come spesso accade in presenza di calamità naturali.
Si parla molto della città di Beira perché si è trasformata in “un’isola nell’oceano”, come l’hanno descritta i soccorritori. Essendo una città portuale è esposta alle intemperie e si trova all’altezza del livello del mare che, ad oggi, si è alzato di 4 metri secondo alcune stime. Fonti della Croce Rossa descrivono un disastro ambientale da apocalisse: il 90% della città non esiste più, le acque che hanno invaso strade e campi hanno sommerso linee elettriche, ponti e strade, e trasportano di tutto.
Gli aiuti umanitari qui sono arrivati abbastanza in fretta e hanno agito dove potevano, ma le piccole zone isolate che circondano il territorio non stanno ricevendo praticamente nulla. E in questa condizione drammatica la situazione non potrà che peggiorare. Per questo è al lavoro una task force che riesca a raggiungere tutte le comunità per spiegare come depurare l’acqua a disposizione, evitare contagi e riconoscere e intervenire prontamente sui primi sintomi del colera. Oltre a questo, però, l’emergenza sanitaria riguarda anche tutte le altre cure mediche: il primo soccorso e le cure di base, della prima infanzia, e le malattie croniche come HIV e tubercolosi.
Oltre al Mozambico, anche Malawi e Zimbabwe sono stati colpiti duramente dal Ciclone Idai. ActionAid è sul campo per portare aiuti nelle aree più colpite con programmi di sostegno alle comunità locali, fornendo anche beni di primo soccorso. Se vuoi fare la tua parte per aiutare i bambini e le loro famiglie a superare questa tragedia, l’adozione a distanza può aiutarci a garantire cibo, acqua e medicine.
Fonti:
Articolo21.org
Agenzianova.com
ilPost.it