L’epidemia di ebola in Congo ha colpito più di 2000 persone tra cui 750 bambini, con un tasso di mortalità del 67%. Questi numeri arrivano dopo la drastica epidemia del 2014, quando ancora non esisteva un vaccino efficace, che costò la vita a 11 mila persone in Guinea, Sierra Leone e Liberia.
L’epidemia è stata definita dall’OMS emergenza sanitaria internazionale. Dopo oltre un anno dai primi casi, l’ebola si è diffusa in un’area di 500 km quadrati, arrivando a toccare Goma, la grande città nel Congo Est, e potrebbe raggiungere anche altre regioni limitrofe come Rwanda, Uganda e Tanzania. I tipici segni e sintomi ebola sono la comparsa improvvisa di febbre, intensa debolezza, dolori muscolari, mal di testa e mal di gola, seguiti da vomito, diarrea, esantema, insufficienza renale ed epatica e, in alcuni casi, emorragia sia interna che esterna.
I primi problemi da risolvere
In un paese come la Repubblica Democratica del Congo, questa epidemia si scontra con ulteriori problemi. Innanzitutto, la mancanza di informazione: alcune comunità non credono che i vaccini siano davvero efficaci e quindi dimostrano ostilità verso prevenzione e le misure di precauzione messe in atto per contrastare l’epidemia. Il rapporto con le strutture sanitarie e le comunità locali deve basarsi sulla fiducia e lo scambio costante di informazioni sui rimedi al contagio.
In più, riuscire a raggiungere le regioni più remote e isolate per distribuire cure e vaccini deve essere la priorità per evitare il diffondersi sempre peggiore della malattia. Nonostante tutti gli sforzi compiuti e le nuove terapie disponibili, il numero di casi non è diminuito. Questo perché l’ebola ha una cura ma non ci sono abbastanza risorse per fermarla in tempo.
È emergenza soprattutto per i bambini
In questo contesto, sta crescendo il numero di orfani causati dalla malattia. In quest’ultimo anno il numero di bambini rimasti soli è più che raddoppiato. Sono 1380 i minori che hanno perso uno o entrambi i genitori dall’inizio dell’epidemia, e 2460 hanno subito una separazione dai genitori a causa di screening e profilassi per curarsi.
Questo ci ricorda che dell’ebola va curato anche l’aspetto psicologico e sociale, non solo la malattia. Gli orfani devono ricevere tutta l’assistenza necessaria per elaborare il lutto, e combattere gli stigma e l’isolamento a cui spesso sono costretti. Occuparsi di questi bambini significa offrirgli sostegno, ma anche soluzioni. Portarli in nuove famiglie che possano prendersi cura di loro per tutto il tempo necessario, zone protette dove possano avere tutti i beni di prima necessità, cibo, e dove proseguire la loro educazione scolastica.
Secondo le ultime stime, i bambini che hanno contratto la malattia sono 750, di cui il 40% ha meno di 5 anni. L’epidemia di ebola interessa per il 31% i bambini, molti di più rispetto al 20% delle epidemie precedenti. E da questo capiamo perché finora il 57% dei casi di ebola si è registrato tra le donne che di quei bambini si prendono cura.
Il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia stanzierà 170 milioni di dollari per rientrare dalla crisi. L’obiettivo è controllare le epidemie, costruire soluzioni per le comunità a rischio, garantire i servizi essenziali a partire dall’acqua pulita per evitare i contagi.
Anche tu puoi aiutare, permettendo alle nostre unità sul campo di fare di più.
Fonti:
Lindro.it
Repubblica.it