06 Agosto 2019

condizione donne bangladesh

La povertà si accompagna sempre ad abusi e giochi di potere, che spesso prendono di mira la parte di società che è più esposta alle ingiustizie. La condizione femminile in Bangladesh è da includere tra le peggiori del mondo. Anche nelle fabbriche, dove le lavoratrici vivono condizioni disumane come testimoniano le storie vere di Nurjan, Rahima e Salma, raccolte in incontri organizzati da ActionAid a Dhaka, nei caffè dei lavoratori.

Nurjan, molestata perché single

Nurjan ha 26 anni e da 10 lavora nell’industria dell’abbigliamento a Dhaka, capitale del Bangladesh.  Passa davanti alla macchina da cucire 60 ore a settimana per riuscire a prendersi cura dei suoi fratelli. Sveglia sin dalle 5 del mattino per cucinare per tutti, comincia il suo turno di lavoro alle 7, finisce intorno alle 22.00. Fa la spesa, torna a casa e cucina di nuovo. Il weekend lo passa a lavare e fare il bucato. Non è una donna sposata e questo, in Bangladesh, significa essere esposte al maggior rischio di abusi, perché non c’è nessun uomo a proteggerti. Nurjan sostiene che sia proprio questo il motivo per cui il suo capo la molesta a lavoro, una pratica comune nelle fabbriche dove il minimo che può succedere a una donna è subire abusi verbali.

Molte donne non sanno neanche che questi sono abusi. E anche quando prendono coraggio e denunciano i propri molestatori, come ha fatto Nurjan, i responsabili non vengono mai licenziati. Però grazie ai “caffè dei lavoratori”, momenti di incontro organizzati da ActionAid, donne come Nurjan hanno un luogo dove conoscere i propri diritti, condividere le esperienze e trovare un supporto.

Rahima, vittima di abusi verbali e licenziata

Rahima ha 35 anni, è sposata e ha tre bambini. Sogna un futuro di verso per i propri figli, vorrebbe diventassero informatici, ingegneri o insegnanti. Vorrebbe un futuro migliore per loro, lontano dai ritmi estenuanti ai quali si sottopone quotidianamente. Rahima lavora in una fabbrica tessile e, nonostante la sartoria in Bangladesh sia vista come una forma d’arte, è anche un settore privo di diritti.

Lavora in fabbrica 60 ore a settimana per 106 euro al mese. È perennemente stanca e sta iniziando ad avere seri problemi alla schiena e alla vista. La prima pausa della giornata può prendersela solo a pranzo, dopo 5 ore consecutive davanti alla macchina da cucire.

In queste fabbriche le lavoratrici non sono viste come esseri viventi. Continuamente soggette a vessazioni verbali, le donne sperano solo di non essere prese di mira, come, invece, è successo a Rahima. Una notte, dopo aver lavorato fino alle 3, Rahima ha rifiutato di compiere l’ennesimo compito assegnatole dal suo responsabile, che ha iniziato a malmenarla. Sono stati la guardia dello stabile e il marito a salvarla dopo aver sentito le sue urla.

Rahima è una delle poche donne che hanno deciso di denunciare il proprio aggressore al suo responsabile. Anche se nulla è cambiato, e lei è stata costretta a lasciare il lavoro, combattere per sé stesse e per i propri diritti è una delle più grandi ricchezze ottenute proprio durante gli incontri con ActionAid. Rahima ora vuole cercare di aiutare le lavoratrici più giovani a far valere la propria voce, lì dove lei non ha potuto.

Salma, stremata dagli abusi

Salma è una donna di 38 anni con un dolore cronico alla schiena che non potrà mai permettersi di curare. Ha due figli e un marito, e lavora in una fabbrica di vestiti per una grande catena d’abbigliamento, dove le donne “affrontano violenze – verbali e fisiche – di cui nessuno parla”. Salma ci tiene a far sapere che, spesso, i vestiti indossati nei Paesi Occidentali sono il frutto di sudore e lacrime che lei sperimenta ogni giorno.

Salma è stata quasi violentata all’interno della fabbrica dove lavorava e non ne ha mai parlato in famiglia perché non poteva rischiare che le impedissero di tornarci. Ma dopo che il suo responsabile l’ha trascinata a forza per due piani di scale, non ce l’ha più fatta e si è licenziata.

La condizione femminile in Bangladesh è un problema sociale

La condizione femminile in Bangladesh è frutto di estrema povertà e disparità sociale e tra sessi. Una donna violentata, spesso, non denuncia perché quell’atto di protesta può aver ricadute su tutti gli aspetti della sua vita, compresa la sua immagine sociale. La mancanza di giustizia fa il resto, in un paese dove la discriminazione delle donne avviene in ogni sfera sociale.

I caffè organizzati da ActionAid servono proprio per sensibilizzare e dare a queste lavoratrici la forza di battersi, senza essere lasciate sole.