C’è chi viaggia unicamente per piacere. E chi, invece, lo fa per aprire gli occhi. C’è chi è stato in Africa per ammirare le bellezze di una terra senza eguali. E c’è chi ha deciso di visitare questo continente per un altro motivo, molto diverso. Come queste due persone. Che ci possono raccontare le loro personali esperienze.
Savino
La cosa che avevo previsto era certamente di poter conoscere Uwera, la bambina adottata a distanza nel 2004. Incontrarla e poterci parlare l’ha resa una figura più concreta: prima il nostro rapporto si riduceva a un mero aiuto mensile; adesso c’è una persona in carne ed ossa alla quale pensare.
Quello che non avevo previsto sono i bambini. Mi hanno commosso soprattutto il primo giorno, quello di maggiore impatto. Il loro sguardo, il loro bisogno di essere amati – credo – questo ha avuto un impatto forte quasi quanto quello di aver incontrato Uwera.
A casa proverò a capire meglio come si vive in occidente, per dare il giusto peso ai valori. Questo Paese e la sua povertà, come tanti altri a questo mondo, mi fanno sentire come se avessi appena finito un ritiro spirituale. Giuro che lo rifarei subito se ce ne fosse l’occasione.
Elisabetta
Non aspettandomi nulla, è arrivato tutto. È arrivato un senso della vita che va modificata, quantomeno la mia, rendendola più utile e coerente, cercando di fare qualcosa sia per gli altri, ma anche per me stessa. Dietro questi viaggi c’è sempre la voglia di stare bene, di sentirsi meglio facendo qualcosa per gli altri. La certezza più potente di prima è quella di trasportare quello che ho vissuto a persone che, so già, diranno: “Quando dai 10 e poi arriva 5”. Adesso risponderò: “Sì, ma almeno quel 5 arriva”.
Perché queste due esperienze sono così particolari? Per due motivi:
- Savino ed Elisabetta sono stati in Rwanda, uno dei Paesi più poveri del mondo;
- Ci sono stati perché desideravano incontrare i bambini che aiutano con l’adozione a distanza.
Quest’esperienza ha cambiato loro la vita. Gli ha fatto scoprire cosa significhi avere il mal d’Africa.