I cambiamenti climatici sono uno dei più gravi problemi che il nostro mondo deve affrontare. Un problema che avrà tutta una serie di ripercussioni di tipo economico. E ne avrà anche altre, ben più gravi, sulla salute di milioni di persone. Conseguenze che in parte possiamo cominciare a vedere fin da adesso.
I problemi economici
Entro il 2030 (secondo i dati del report Shock waves – Managing the impacts of climate change on poverty), se non si fa subito qualcosa per gestire e/o ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici, in tutto il mondo ci saranno circa cento milioni di poveri in più.
Questo accadrà perché, a causa dei cambiamenti climatici:
- Il processo di desertificazione vedrà una significativa accelerazione, con conseguente aumento dei costi dei generi alimentari.
- I disastri naturali aumenteranno d’intensità e di frequenza.
- I problemi per la salute delle persone non potranno fare altro che aggravarsi.
I problemi per la salute
Si stima che i cambiamenti climatici causeranno circa 250mila decessi in più all’anno tra il 2030 e il 2050:
- 38mila saranno persone anziane che subiranno le conseguenze del calore eccessivo;
- 48mila saranno dovuti alla dissenteria;
- 60mila saranno dovuti alla malaria;
- 95mila decessi saranno riconducibili alla malnutrizione infantile.
L’eccessivo aumento della temperatura determinerà anche un aumento dei decessi per malattie cardiovascolari e respiratorie, specialmente tra le persone anziane. Per non parlare di malattie la cui diffusione è incrementata dal calore, proprio come la malaria.
Cosa possiamo fare
Se si parla di cambiamenti climatici, il “nemico” ha un nome ben preciso: CO2. La situazione è che, dal 1990, le emissioni di questo gas sono aumentate del 46 per cento in tutto il mondo. Il 25 per cento dell’anidride carbonica derivante da combustibili fossili è prodotto negli Usa, dove vive appena il quattro per cento della popolazione mondiale.
In altre parole, ridurre le emissioni di gas serra è una priorità. E questo è proprio uno degli Obiettivi di sviluppo sostenibile.
Fonte immagine: ActionAid.org.uk
Dati: World bank, Who, United Nations