Ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici è uno dei grandi Obiettivi di sviluppo sostenibile, da raggiungere entro il 2030. Ma c’è un aspetto che si tende a considerare poco: specialmente nei Paesi più poveri del mondo, spesso i cambiamenti climatici significano fame.
La povertà
In un certo senso, si potrebbe dire che fame e povertà non camminano mai troppo distanti l’una dall’altra. C’è un dato della Banca Mondiale che dovrebbe farci riflettere: se non facciamo qualcosa per ridurre e gestire al meglio l’impatto dei cambiamenti climatici, entro il 2030 ci saranno circa cento milioni di poveri in più.
Cento milioni di persone in più che, a causa della povertà, non riusciranno a procurarsi nemmeno il cibo necessario per la mera sopravvivenza.
Due storie
Che cosa significa trovarsi nella condizione di dover patire la fame a causa delle conseguenze dei cambiamenti climatici? Queste due storie ce lo possono raccontare fin troppo bene.
- La prima storia è quella di Razia. Vive in un piccolo quanto povero villaggio del Pakistan. Quindi, in un Paese che, ogni anno, è semplicemente falcidiato da gravi periodi di siccità e da monsoni che diventano sempre più violenti. Questi due problemi distruggono case, greggi e raccolti. Per Razia e per gli altri abitanti del villaggio, ogni giorno era una lotta per cercare di procurarsi qualcosa da mangiare.
- La seconda storia è quella di Amie Diouf. Vive nella piccola isoletta di Baout, in Senegal. A causa dei cambiamenti climatici, le piogge erratiche colpiscono l’isola sempre più di frequente. E il livello dell’acqua del mare, alzandosi, rende i terreni non coltivabili per l’eccessiva salinità del suolo. Per tutti questi motivi, Amie Diouf è condannata a patire la fame.
Un aiuto concreto
Per fortuna, le storie di Amie Diouf e Razia sono state a lieto fine. Hanno, infatti, potuto seguire dei corsi di formazione durante i quali hanno appreso delle più efficienti e moderne tecniche per coltivare verdure e ortaggi. E tutto questo è stato possibile solo perché qualcuno ha deciso di dare il proprio contributo tramite l’adozione a distanza.
Fonte immagine: Poulomi Basu/ActionAid