Si è fatto tanto, negli ultimi anni, per garantire i diritti fondamentali dei bambini. Ma, a dispetto di ciò, molti degli impegni presi restano irrisolti. Ed è specialmente vero se si parla di bambini prigionieri, che restano, paradossalmente, invisibili nonostante siano sotto gli occhi di tutti.
Questa situazione deve spingere a porsi delle giuste domande. Domande alle quali devono anche seguire delle risposte.
Quanti sono?
Difficile dirlo, se non addirittura impossibile. La maggior parte dei Paesi non ha dati certi sul numero effettivo di bambini tenuti prigionieri, privati della loro libertà. Né sui luoghi dove si svolge la detenzione. Detenzioni che possono essere decise dalla polizia, dalle autorità militari, dai funzionari dell’immigrazione. Molto spesso in maniera arbitraria e senza tener conto dei diritti fondamentali del minore.
Perché succede?
Individuare le cause precise è difficile esattamente quanto dare dei numeri. Sono particolarmente a rischio i bambini che:
- Vivono in strada;
- Sono vittime di traffico di esseri umani o di sfruttamento sessuale;
- Sono rimasti coinvolti con il crimine organizzato;
- Vivono in zone di guerra;
- Hanno dovuto lasciare il loro Paese di origine.
I bambini vengono tenuti prigionieri anche perché affetti da malattie psichiche o disabilità fisica, o perché fanno, così piccoli, uso di droga.
Cosa devono subire?
Gli abusi che, in molti casi, i bambini prigionieri devono subire sono disumani. Collocati in strutture per adulti, quindi non adatte a loro, questi bambini sono vittime di stupri e violenza sessuale. Non mancano casi ancora più estremi, in cui si arriva alla tortura o a pene semplicemente crudeli.
Perché non si cercano le risposte a tutte queste domande?
Fortunatamente, qualcosa sta cambiando. Proprio per dare la giusta dimensione al problema e capire quali sono le strategie più efficaci per risolverlo, le Nazioni unite hanno commissionato uno studio approfondito sulla situazione dei bambini prigionieri. Uno studio che sarà pronto nel mese di settembre 2018 e che permetterà a tutti gli attori coinvolti di intervenire in maniera efficace.
Cosa possiamo fare per aiutarli?
Ma non bisogna aspettare settembre con le mani in mano. Già adesso, tutti noi possiamo fare tanto per aiutare i bambini prigionieri e, soprattutto, per evitare che molti altri finiscano in una prigione: basta aiutarli a trovare condizioni di vita migliori, così che i bambini non cadano nelle mani di guerriglieri o trafficanti di esseri umani. Quest’aiuto ha un nome ed è adozione a distanza.
Fonte immagine: Irene Koutoula/ActionAid.org.uk
Dati: Ohchr.org