È la magia del calcio, si potrebbe dire. E i bambini brasiliani che giocano a calcio, nell’immaginario occidentale, sono una sorta di leggenda: giovanissimi che nascono con un talento innato e che fin da piccoli sanno tenere un pallone tra i piedi. Una passione e un talento che stonano con le condizioni in cui vivono.
1. Perché giocano così bene?
La prima risposta che viene subito in mente è: dal momento che in Brasile la povertà è un problema dilagante e l’istruzione, troppo spesso, solo un miraggio, i bambini hanno molto “tempo libero” e lo impiegano giocando a calcio. Troppo semplicistica come risposta.
In parte è così. Ma non devi dimenticare che stiamo parlando di bambini. I quali, esattamente come in Occidente, giocano a calcio perché si divertono, perché ce l’hanno nel sangue, perché hanno voglia di mettersi in gioco. Nonostante le condizioni in cui vivono, il pallone riesce a strappare loro dei sorrisi, anche solo per qualche ora.
2. In che condizioni giocano?
Le porte con le reti, l’erbetta ben tenuta, i palloni gonfi, le linee bianche tracciate a terra. Ecco, i bambini brasiliani giocano a calcio in condizioni un po’ diverse rispetto ai coetanei occidentali. Giocano dove capita. In strada, in spiaggia, in un cortile fatiscente. In un “campetto” di terra battuta pieno di buche. Per i vicoli di una sterminata favela.
Ti sembra difficile da credere? Prova a chiederlo a Marco Delvecchio:
3. Per loro cosa rappresenta?
Per i bambini brasiliani che vivono nelle zone più povere del Paese carioca, il calcio è un momento per ricordasi di essere dei bambini. Per avere, almeno per un momento, la sensazione di fare qualcosa riconducibile a una vita (quasi) normale. Quando crescono, il calcio è un sogno: quello di diventare professionisti e di affrancarsi dalla povertà.
Però questa è una possibilità a disposizione di pochi. Mentre tutti gli altri bambini poveri del Brasile hanno bisogno di aiuto.